venerdì 2 settembre 2016

Ragazza mia (lettera a una figlia sulla fertilità)

Hai saputo, ragazza mia, dell'iniziativa del ministro Lorenzin. Ne abbiamo parlato a lungo, ieri e l'altro ieri. In rete abbiamo letto di tutto, riso e riflettuto. Il sito http://www.fertilityday2016.it/ prima è stato aperto, poi chiuso, poi di nuovo aperto. Hai criticato le foto, ti sei stupita per l'enfasi data alla donna come quasi esclusiva attrice della creazione. Hai solo sedici anni, ma sei acuta e critica; una giovane donna che si prepara al futuro.
Hai ragione, a dire che quella campagna è (era? perché qui si dice che il ministro rivede la comunicazione) offensiva e insulsa. A dire che l'ombra del fratello del figlio unico è peggio di un film horror.
A dire che io non sono un genitore giovane, ma sono creativa lo stesso.

Ecco, a questo proposito ti voglio raccontare la mia storia.

Non mi hai mai chiesto perché mi sono sposata nel 1992, ma tuo fratello è nato cinque anni dopo, e tu tre anni dopo di lui.
Forse pensi che abbia scelto di prendermela comoda, di costruire la carriera, la vita di coppia, di fare viaggi o perfino che non volessi avere figli. No.
La verità è che ho subìto tre aborti spontanei, con relativi raschiamenti, in un anno e mezzo. Tentavo, li perdevo, semplicemente. Poi, mi hanno consigliato di lasciare riposare corpo e spirito, di fare ricerche in merito. Era tutto normale. Così, dopo tre anni, è nato tuo fratello. Poi, tu.

Ma in quei cinque anni ho provato l'ansia. La frustrazione. La speranza puntualmente negata. Gli sguardi di compatimento delle altre donne più fortunate di me. Quelli preoccupati dei nonni. Come se tutto dipendesse da me, da un mio errore, da qualche anomalia, da una colpa da scontare.
Conosco bene la stretta al cuore davanti a una pancia esposta trionfalmente, davanti a una carrozzina. Conosco il senso di esclusione dal mondo delle mamme felici. E la sensazione di emarginazione sociale.

Poi, è passato quasi tutto. E dico quasi, perché sono stata una mamma primipara ultratrentenne, costretta, con tuo fratello, a sei mesi di letto, e a 39 anni, per te, la macchina aveva immesso il dato dell'età, facendo sballare i valori di una probabile tua malformazione; così, mi sono dovuta sottoporre alla traslucenza nucale, non dormendo per due giorni, mentre tu invece te ne stavi tranquilla nel mio ventre, perfettamente sana.

E ho conosciuto di nuovo gli sguardi delle mamme giovani, all'asilo, davanti a scuola, quando arrivavo, coi miei 42 anni, a prenderti, i capelli già da tingere, le rughe e gli affanni di una vita divisa fra tuo fratello, i nonni ormai anziani da accudire e il lavoro.
Ma la vita mi ha portato fino a qui. E ora ridiamo insieme, commentiamo questa campagna insulsa, e, ben lungi dall'essere due amiche, ci ritroviamo vicine, condividendo musica, letture e gusti, nonostante i 39 anni di distanza.

Per questo, e per molto altro, mi sento offesa dai toni e dai modi di questa campagna, e non riesco a digerirla con la solita ironia.
Perché penso a P., marito sterile, o a R., che ha subìto la chiusura delle ovaie dopo tre gravidanze extrauterine, e ora padre e madre di splendide bambine adottate; a  L., I., S., K., anche loro genitori adottivi con percorsi dolorosi; a T., F., C., D., A., a cui malattie o vicissitudini di vario genere hanno impedito di diventare genitori, e che non hanno avuto modo, denaro, possibilità di affrontare il lungo percorso dell'adozione, o di avere un partner con cui costruire una coppia; a F., che sta aspettando un bambino, tremando perché non l'ha ancora detto al suo principale; a S., che ha dovuto firmare una lettera di licenziamento nel caso fosse rimasta incinta; a G., a V. orgogliosamente single, in un'epoca (che forse sta ritornando? chissà) in cui il termine era "zitella", e che hanno rallegrato e addolcito con la loro amicizia e il loro aiuto la vita di moltissime persone. Penso invece a molti altri genitori, che parcheggiano i figli coi nonni, con la tata, davanti a videogiochi o internet, che trascorrrono le vacanze mollandoli nei miniclub per non sopportarli, che farciscono di corsi la giornata dei pargoli, per non stare con loro, che danno loro tutto il necessario materialmente, ma non affettivamente, e che invece, seguendo la logica del ministro, verrebbero indicati come esempi di fertilità.

Per questo, e per molto altro, spero che la salute fisica, la prevenzione, l'educazione sanitaria, tornino ad essere al centro della campagna. Ma non a scapito della salute mentale, nostra e di chi amiamo.

Quanto a te, ragazza mia, se anche deciderai, o ti capiterà, di non diventare madre, sappi che ti si aprirà davanti un mondo di possibilità, e che starà a te coglierle al meglio.

Ti voglio bene.