martedì 4 marzo 2014

Salvando i padri (su "Saving Mr. Banks")

Se bastasse un poco di zucchero, per mandare giù le pillole amare della vita.
Se bastasse un tocco di polvere luccicante, per colorare il grigio dell'esistenza.
Se bastasse chiudere gli occhi, per fare rivivere chi non c'è più, e riavere indietro gli anni sprecati, e tornare a percorrere una strada.
Invece no, non basta. Ma abbiamo l'immaginazione. La nostra mente, e il ricordo, e la volontà.

Fare la pace coi ricordi che ci portiamo dentro anche se non vogliamo. Rammendare il tessuto strappato dei giorni venuti male, quelli in cui abbiamo gridato e sofferto e cercato un perché che non arrivava, mai. Soprattutto, spingere il nostro sguardo chiaro in mezzo ai momenti scuri della nostra vita, per arrivare, sempre, là da dove abbiamo mosso i nostri passi: i padri. Le madri.

Anni silenziosi, in cui abbiamo guardato il mondo che loro vivevano e ci preparavano, noi,  impotenti testimoni dei loro errori, eroismi, passioni e passati. Anni bambini, in cui ci sarebbero bastati un abbraccio, un sorriso e un aquilone per volare alti e onnipotenti sulle miserie del mondo. Ma a volte il tempo, le cose del mondo, trascinavano via chi avrebbe potuto fermarlo con un abbraccio, un sorriso e un aquilone, e noi restavamo a terra, a interrogare coi nostri sguardi muti, a mendicare un senso.

Diventiamo adulti a nostra volta. Uomini e donne di successo, o semplici comparse nello scenario della storia, madri, o padri, a nostra volta, biologici e no. Procediamo per i sentieri dell'esistenza portando chiuso dentro di noi il fantasma del nostro io bambino, che la società ci ha insegnato a dissimulare, a cancellare, spesso anche a tradire.

Ma abbiamo l'immaginazione. La nostra mente, e il ricordo, e la volontà.
E accade un giorno, improvvisamente. Le lacrime spese, i silenzi consumati, e gli abbracci negati, le pagelle e i vestiti della festa e i pranzi di Natale e gli sguardi e i doni e i momenti insignificanti di tutta una vita si mettono in fila, e noi li contiamo, li rivediamo, li aggiustiamo, li comprendiamo, e li amiamo, tutti, per la prima volta. Guardiamo il cielo, e individuiamo in un paio di nuvole la forma dello sguardo dei nostri padri. Allora accade.
Il filo del ricordo srotola l'aquilone del nostro passato, ed è teso, luccicante al sole. Lacrime buone scendono, purificandoci.
E possiamo vivere davvero.







3 commenti:

  1. Niente lacrime.
    Gli occhi stavolta sono rimasti asciutti.
    Ti ringrazio molto per queste nobili parole, che rarissimamente ormai sentiamo
    da una donna. Padre, marito, compagno, ecc., divenuti in questo scorso di anni bersagli fissi da colpire, simboli di un vetusto potere da abbattere in modo fittizio quasi come la statua di Saddam Hussein. "donatori di spermatozoi" da cui spillare
    quattrini e passaggi taxi.
    Tu qui parli dei padri di una volta, del mio e di tuo padre, che salutiamo sempre con un sorriso perchè sappiamo che nulla è più come prima, senza di loro.
    Ma uno sguardo ai padri di oggi, spesso attaccati, vituperati, delegittimati e
    resi inetti, è sempre meglio darlo, per onestà intellettuale e non solo per
    il gusto nobilissimo di scrivere cose sagge, ma inascoltate.
    Ti seguo sempre.

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  2. Ci proverò. Gianni. Ci proverò. Grazie a te

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  3. fai una prova....un giretto con qualche parola chiave su facebook...."padri" ... e leggerai un disagio che fa paura. Urla nel silenzio, giusto per citare un film. Noi come operatori della giustizia stiamo iniziando a saggiare la consistenza del problema e l'entità del disagio. Il fallimento di un sistema sociale un tempo basato sulla famiglia.

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