sabato 11 giugno 2011

buonafortuna



c'è sempre qualcosa di definitivo nell'ultimo giorno di scuola. l'abbandono della nave da parte dei clandestini. i corridoi che un momento prima vivono di volti voci passi respiri, e che un momento dopo si afflosciano su se stessi, troppo grandi per contenere così poca vita. la campanella che suona inutile, le carte che diventano scartoffie, i libri esausti dalle pagine ciancicate e dalle copertine rugose.

quest'anno, si chiudono tre cicli. la quinta elementare, l'amore incondizionato per la maestra, per il gruppo di compagni, l'energia di corpicini lanciati verso la scoperta di sé e del mondo.
la terza media, gli ormoni che cavalcano un tempo incerto e tempestoso, dove il conflitto con gli altri diventa misura per la costruzione dei propri confini.
l'ultimo anno del liceo, giovani adulti solo in parte consapevoli del proprio posto nel mondo, eppure già pronti per salpare, su una nave finalmente tutta loro.

e in mezzo, le lacrime. lacrime per i piccoli, per i ragazzini, per i giovani. lacrime di rimpianto, di malinconia, di ricordi appiccicati addosso, come un anticipo di nostalgia, come un presentimento di tempo perduto, tanto inconsapevole quanto pungente.
e in mezzo, le parole. oppure gli sguardi, gli abbracci, le dediche su diari o libri, gesti minimi, impreziositi dall'unicità del momento.
ma soprattutto, le facce. pallide per lo sforzo di maneggiare con cura un aggeggio delicato e complicato: il presente che genera ricordi.

e si vive di conclusioni.l'inizio non è mai così certo. la fine sì, che si conosce bene.
è qualche lacrima mischiata a qualche fetta di torta, è un violino e una chitarra che suonano de andré in una palestra, sono ottanta ragazzi su un palco a stupire e stupirsi, sono piccoli cantanti e poeti, e sguardi adulti e giovani che si incrociano guardando la stessa rotta.
si vive di finali di partita. di abbandoni e partenze. in attesa del prossimo arrivo.