mercoledì 11 maggio 2011

forget your weakness



un marciapiede a camden town e uno stereo che suona
una festa a barcellona e le mani levate in alto
un paio di occhi a milano e una chitarra con quegli accordi

un'autoradio e dentro una musicassetta dal nastro allentato
una notte di esami e la testa a quaranta chilometri circa
un'estate reggae in tutti i sensi

una bandiera verdeneragialla
una nostalgia per spiagge mai viste
un profumo di fumo

una sequenza di parole che in_cantavano, perché cantavano i nostri sogni
una redenzione intravista in mezzo all'armonia
una spiritualità radicale e ancestrale

il modo più dolce mai conosciuto di lottare
il modo più forte mai visuto di dimenticare le nostre debolezze
il modo più solare mai conosciuto per entrare in contatto con il buio dell'anima.

e l'amore, l'amore, l'amore.

lunedì 9 maggio 2011

mnemosine



e metti gli occhiali, e togli gli occhiali, e regola l'amplifon, e la dentiera che balla.
stasera non ci sto, proprio no. tolgo occhiali, amplifon e dentiera.
stasera non leggo, non ascolto, non mangio neppure, tié.
sistemando le mie cose, mi sono trovata fra le mani un vecchio biglietto. un concerto.
era il 7 maggio 2011, figurarsi, 30 anni fa.
e io, che non ci vedo né ci sento quasi più, devo mangiare cibo triturato, ho anche il pannolone, e faccio fatica a camminare, mi ritrovo con un regalo di cui ogni tanto non so cosa farmene.
la memoria.
anzi, il ricordo.
che, come ho letto non so più dove, è riportare al cuore le cose.


mi ricordo bene quel biglietto, quel concerto.
mi ricordo bene la prua della nave su cui vinicio ogni tanto saliva, un fitzcarraldo intrepido, nel portare una nave, o forse l'oceano intero, con tutti gli oceani del mondo, in un teatro.
mi ricordo l'intreccio delle sartie e delle luci, che non capivo più dove finissero le trame delle sartie e dove iniziassero i riflessi delle luci.
mi ricordo l'in_canto di un canto sgraziato eppure dolcissimo, con le sue deliziose stonature, i suoi umani smemoramenti, gli occhi a ruotare attorno, un capitano coraggioso che tiene la barra a dritta durante la tempesta.

mi ricordo il monologo di achab fuso insieme con un passo della bibbia in cui si parla del re achab, e la luce che brilla sul cimiero del pelide, e la testa di vinicio rivolta in alto, a cercare le pleiadi, mentre avanza da solo verso il monte del purgatorio.

mi ricordo che pensavo che sarebbe stato difficile portare i suoni di quel disco difficile in teatro, e invece mi meravigliavo di quanto stesse sembrando tutto così facile, ridurre all'osso la balena oltremisura di quel suono, affidandosi ai remi esperti di musicisti di vaglia.


e in questa tanto picciola vigilia dei miei sensi che è del rimanente, in questa mia sera, il ricordo è balsamo che cura le ferite di una vita.
i volti di chi ho amato e che sono andati avanti.
l'energia dispersa in quanto ho mancato.
quello che ho intravisto e che non avrò, non ancora, finché sarò qui.

mi ricordo, e mi tengo strette al cuore, le lacrime che silenziose scendevano mentre ascoltavo 'le sirene'. avevo appena compiuto cinquant'anni, allora. e le lacrime scendevano, accompagnando la me stessa di trent'anni prima, nel suo congedo da chi ero stata, senza avere la minima idea di chi fossi, o sarei stata.
sul crinale di quell'età, vinicio cantava tutta la mia vita, conoscendomi nel profondo, in un modo che ancor m'offende, con una nettezza che mi sconcertava. un canto incessante, insopportabile. eppure dolcissimo.

mi ricordo che vinicio si era allontanato con le mani sugli orecchi, come a volermi suggerire di non fermarmi più ad ascoltare il canto delle sirene, di non fermarmi più e basta, di non farmi paralizzare dai ricordi del passato, ma di vivere in equilibrio fra ricordo e nostalgia, più che potevo.

è quello che ho fatto, da allora.

il ricordo di chi ero io, chi ero io, si intreccia al rimpianto di chi sono io, chi sono io. si intreccia alla nostalgia del ritorno a quell'uno a cui tutti apparteniamo, che ci fa balenare la bellezza per pochi minuti, o per qualche ora, come fosse per sempre, e ci lascia il resto del tempo a inseguirla.

eppure, grazie al ricordo di quella sera, in questa sera, senza amplifon né occhiali, ci sento e ci vedo meglio.