mercoledì 25 marzo 2009

i giganti sono scesi dalla montagna

l'ho letto
l'ho riletto
e l'ho visto e poi rivisto su dvd.

ne ho parlato.
centinaia di clandestini hanno sgranato gli occhi sulle gesta del mago cotrone, della contessa ilse, di mara-mara, della sgricia e del suo angelo centuno.

però, ogni volta che lo rivedo, 'i giganti della montagna' mi interroga ancora, e io rispondo interrogandolo, e lui mi dà sempre risposte diverse.
ieri sera, per esempio. ci ho visto dentro leopardi, fellini, pasolini, testori, gadda, la magna grecia, i fratelli lumière, i manga, verga, il pitré e il folklore siciliano, e il cursore dei miei ricordi andava avanti e indietro, come dicono sia nell'ultimo momento della vita.


tiezzi e lombardi hanno preso l'ultimo, incompiuto testo di pirandello. l'hanno amato, prima di rappresentarlo, il primo pirandello della loro vita teatrale, il più iniziatico, pitagorico, ermetico.
e poi l'hanno visto come l'ho sempre visto io: un testo_mito, profetico, ma di quelle profezie oltre la storia. e ci hanno riassunto dentro tutti i miti di cui l'uomo ha bisogno di nutrirsi per vivere oltre se stesso. i sogni, le voci, le immagini. tutto, purché provenga dalla fantasia, la sola che ci rende rappresentabile, e quindi sopportabile, l'idea della morte.




aggiungendoci un allarme. il rischio dell'omologazione culturale è divenuto, col tempo, una certezza. il teatro divenuto avanspettacolo. il binomio eros_thanatos una merendina da sgranocchiare in un reality del pomeriggio. la cultura è roba da perdenti, la forza vince. lo scatolone magico proietta ombre senza senso.
davanti a questo, il sacrificio è l'unica via di fuga. e persistenza è solo nell'estinzione, come avrebbe scritto montale.