giovedì 12 marzo 2009

cinema...

chiusi nel buio della sala da ballo, i clandestini fanno festa, oggi.
oggi c'è un ospite da fuori, che li guida in una danza nuova. il cinema qui dentro assume tutto il suo senso: per un'ora siamo cullati dal liquido amniotico del sogno, che neutralizza le maree del quotidiano.

e l'ospite da fuori li conduce, tutti, da into the wild in un giro di valzer attraverso i road movie, il film di avventura, i western, nanuk l'eschimese e crossing the bridge, ombre rosse e eldorado road, lisbon story e grizzly man, per perdersi, infine, nello sguardo di ulisse, che polverizza ogni possibile tentativo di recuperare la primitiva innocenza.

secoli di cinema davanti a loro, inconsapevoli prima, impressionati poi, come pellicole ancora da scrivere, che portano negli occhi il bisogno di capire l'inconoscibile.

attorno e dentro, il suono della ricerca della solitudine e del silenzio, dei grandi spazi e di una natura che inghiotte e protegge, di un eroismo alla rovescia, che si frantuma nel gesto stesso del perdersi.
e insieme, lo sguardo del regista, di tutti i registi del mondo, che interpretano i nostri sogni e ne fanno un'arte.
il_mondo_fuori entra nella nave. e diventa visione.

mercoledì 11 marzo 2009

ancora de sfroos



sono più di dieci anni, Davide.
molti di più.
da quando la voce di un ragazzino che si chiamava David Action arrochiva le sonorità dei Potage, testi demenziali e spirito punk.
da quando solo Milva o Rummenigge abitavano le ville del lago, e il Lario non era trendy.
da quando alla sagra dei fulcinitt le storie dei borderline De Sfroos impensierivano con leggerezza le salamelle con vista.

ricordo di avere avuto un brivido quando, giusto dieci anni fa, 'La Provincia' ribaltò la pagina degli spettacoli per parlare solo del suo concerto. e quando, alla sagra di Sant'Abbondio, settembre 1998, la gente che assiepava il piazzale conosceva tutte le canzoni.
'mi sa che ce la fa', dicevo.
ce l'ha fatta, mi sa.

l'alchimia della sua musica è un segreto nascosto nelle onde del lago.
l'ironia del suo mondo non è mai scevra di rudezza.
e il dolore che spesso, con pudore, nasconde, è sempre addolcito da un sentimento di speranza, ruvido eppure trasparente, come certi sassi, prima sputati, poi cullati per sempre dalle onde.

ci ho parlato un (bel) po' di volte. ha la cordialità brusca e sincera degli uomini del lago, la battuta pronta, pungente.
ma il suo sguardo è inafferrabile. piuttosto, è lui che afferra chi lo guarda, per non mollarlo più. sciamano dei sentimenti, medium delle emozioni.
ama definirsi iperrealista. in realtà, ho sempre pensato che sia l'ultimo dei lunatici, atterrati millenni fa sulla terra, per il quale è stato scelto un habitat a metà fra terra e cielo, perché la sua poesia potesse riposare meglio.

lunedì 9 marzo 2009

mal_fermo6

e poi c'è la germana
cento chili, un grembialaccio, un fazzoletto al collo come tornasse dai campi

eppure, appena apre bocca, eloquio perfetto, espressioni forbite, sintassi cristallina

eppure, appena apre gli occhi, lampi vividi e liquidi nello sperdimento di uno sguardo.

germana, il passo lento, il ventre largo
un marito sparito in pochi giorni
due figli assenti da anni
un lungo silenzio a tollerare il dolore

e, da allora, una, sola, immensa idea:
lei, una profetessa della povertà
lei, abiti semplici per espiare il lusso altrui
lei, ogni sigaretta fumata, un bambino africano salvato.
tanto può fare, la profetessa germana, senza marito, eppure medium di uno spirito contadino lontano secoli.

e la vedi fumare d'inverno, nel gelido giardino
uno scialle marrone sulle spalle forti
lei, la germana, sola e povera
lei, la profetessa, vittoriosa e tenace.