giovedì 26 febbraio 2009

la plancia

tutti riuniti, oggi, i marinai, col commodoro e la vice. si discute di quanti voti (uno) bocciare un emendamento. si discute di lettere di un marinaio al commodoro. si discute di dirittidoveriricorsiregolamenticodicilliarticoli.
si discute, forse, è una parola grossa.
qualcuno discute. ma gli altri, gli altri...
gli altri marinai si sono attrezzati al maremoto. salvagenti ovunque: chi legge seneca, chi i temi dei clandestini, chi il giornale. aggrappati al reale, qualechessia, pur di sopravvivere alla marea di insulsaggini, alle ondate di insulti che si infrangono sulle teste.
un marinaio in là con gli anni, esacerbato prima da tutta una vita che da questo pomeriggio, urla : 'baaaaaaaaaaastaaaaaaaaaa...sto buttando via il miiiiiiiiiio teeeeeeeeeempoooooooo'.
'professore, si curi!', replica il commodoro.
'eeeeeeeeeeehhhh? queste cose a me non le diiiiiiiiiiiiceeeeeee, oooooeeeeeeeehhhh!'

la seduta è chiusa.
la mareggiata si calma.

fuori, una clandestina aspetta i suoi amici. in una cuccetta vedranno 'il senso della vita' dei monty python. se non fosse che mi sento più vicina a lei che ai marinai, mi vergognerei.

martedì 24 febbraio 2009

schignano: i colori del tempo



il mascarun è gonfio di colori e pizzi e nastrini e gale e fiori. passa per il paese pavoneggiandosi col suo ombrellino, insensibile a quanto gli sta attorno. guarda con aria di compatimento il brut, che corre qua e là e s'accascia, poi, stremato, in un angolo, coi suoi stracci e quanto è riuscito a salvare dalla rovina: una valigia sfondata, un pezzo di tubo di scarico, un rottame di grondaia, una lenza con un pesce.
i sapeur, con le loro pelli di pecora, osservano solenni, mentre il sigurtà, dai baffoni prepotenti, cerca di mantenere l'ordine.

tutto attorno, la piccola piazza di un paese di valle, che conserva, scrigno impenetrabile, un carnevale fra i più antichi e simbolici, perennemente in bilico fra sogno e realtà.

brut, mascarun, sapeur, sigurtà, parlano un linguaggio di migliaia di anni, che, appunto, non si esprime con le parole, né con gli sguardi, nascosti da maschere di legno inespressive, ma coi colori, coi gesti, con quello che ora si dice 'il_non_verbale', e che è, da sempre, la lingua dell'ineffabile. della lotta fra sorte e vita. dell'avvicendarsi del destino, che dà e toglie. del trascorrere del tempo.
il cui silenzio si può occultare solo con un campanaccio.
il cui timore si può esorcizzare solo con una maschera.
il cui mistero si può scrutare solo sul fondo di questo lago lontano.

New-man al Ciak


Ciak, si canta.
Entra un signore vestito da americano in vacanza, pantalonacci e camicia che gli copre la panza.
Si siede al piano. E’ robusto, i capelli sono bianchi, occhiale fuori moda. Sembra piccolo, davanti al gran coda.
Ma quando le mani grassocce si posano sulla tastiera, in sala si fa un silenzio sospeso. Quell’americano in gita sa spremere emozioni da quella tastiera, e lo fa maledettamente bene, con l’arma più carognescamente efficace e intelligente che l’uomo abbia a disposizione:l’ironia (rara),l’autoironia (rarissima), l’abilità di cogliere da un dettaglio un simbolo (e qui siamo nell’astrale).
Canta, suona, e parla. In americano, logico. Ma in tanti lo capiscono, ridono, lo seguono. E lui si scioglie, si sente bene, si sente che si sente bene. Inanella una perla dopo un’altra, con quella sua voce metà da nero ubriaco (e che differenza fa se è bianco, e sobrio?) metà da Forrest Gump (eggià, ci ha fatto pure la colonna sonora…).
Come la vita, una scatola di cioccolatini, e non sai mai cosa ci puoi trovare dentro. Le risate si alternano ai brividi, la tristezza all’allegria, il chiaro allo scuro. L’omone in vacanza ci prende per mano e ci fa fare un giro nel suo mondo, fatto di amori, di sentimenti, di dolori, di solitudini, di equilibri precari.
Dice che ha scritto colonne sonore per soldi…spesso avverti il mestieraccio di chi sa come fare il ruffiano…ma i guizzi di genio ci sono, eccome.
Anche per quel suo modo di fare suonare il pianoforte, metà Scott Joplin metà Hollywood, che le mani sono due, ma ne senti di più, anzi, ci senti un’orchestra dietro, a volte. E altre volte lo senti tremendamente solo, e ti viene da dargli una pacca sulle spalle, e dirgli, ‘dai Randy, ce la farai anche stavolta…’.
E fa un bell’effetto straniante, da cannocchiale rovesciato, vedere che lo applaudono Conte, Pagani, Bubola…tutti lì, seduti ordinati precisi come scolari. Chissà quanto e cosa hanno imparato da lui.

OK, Randy.Hai fatto il tuo sporco lavoro anche stasera. Go home. A noi resta il flash delle tue mani grassocce e magiche riflesse nel gran coda.